PROLOGO: In un altro
spazio…
L’entità contempla l’immensità
dello spazio ricco di stelle che la circonda.
L’entità è coperta interamente
da un’armatura dai molti colori, e l’unica cosa che mostra di sé sono un paio
di occhi brillanti come stelle dietro il visore cristallino.
L’entità è vecchia, antica,
per i canoni umani, ma per la sua gente è ancora lontana dallo stato di
anzianità… Se la sua gente esistesse ancora.
I suoi pensieri sono privi di
emozioni. In migliaia di anni di esistenza, l’entità ha abbandonato
quell’aspetto del proprio spirito. Le emozioni sono un inutile fardello.
Ti chiami Griffin Gogol. Comico, riparatore, supereroe. Hai sprecato
anni della tua vita, hai sprecato il potere che il destino ti ha dato nella
ricerca della tua strada. Hai prima cercato di essere un Difensore, poi da
solo, e infine hai trovato la tua dimensione come capo del gruppo dei Campioni
dello Zilnawa. Sei maturato, migliorato. Sei più conscio delle tue
potenzialità.
L’entità sospira. L’ultima
volta che lo ha fatto, sono trascorsi secoli.
E’ ora che torni da noi. Abbiamo bisogno di te…
MARVELIT presenta
I CAMPIONI
Episodio 29 – Nuovo fronte
Dabar, Africa Centrale
Confinato fra il Kenya e il
Sudan, questo piccolo stato era nato nel 17° secolo come insediamento
transitorio per quelle genti che riuscivano a fuggire dagli eserciti degli
schiavisti. Dabar non era che un villaggio che accoglieva in se i figli di
molte culture, e nessuno restava fra le sue mura oltre il tempo necessario per
ristorarsi prima di riprendere il cammino che lo avrebbe portato lontano
dall’uomo bianco.
Ma era inevitabile che alcune
famiglie decidessero di restare. La zona dove sorgeva il villaggio era fertile,
la terra era generosa e soprattutto la comunità degli agricoltori era
avvantaggiata: nessun allevatore avrebbe bruciato il terreno per fare posto al
proprio bestiame, non se non voleva rischiare di rivelare la propria presenza
ai cacciatori di bestiame umano. In effetti, Dabar aveva molti tesori che
avrebbero potuto elevarla al rango di regno, ma la sua gente aveva deciso di
ignorarne l’esistenza. Desideravano solo una vita semplice per sé ed i propri
discendenti.
Finita l’era dello schiavismo,
i colonialisti avevano avuto da fare altrove e non erano venuti a disturbare
quel fazzoletto di terra. C’erano altri e più grandi pascoli da sfruttare.
Nel 21° secolo, le cose erano
cambiate. Molto, troppo. Il Sudan era diventato il focolaio di uno dei più
sanguinosi conflitti di questo martoriato continente, e se anche l’uomo bianco
non era più a caccia di schiavi, ora desiderava quelle risorse che i Dabariani
avevano invano tenute nascoste alla moderna tecnologia. Aggiungiamo a tutto ciò
il massiccio esodo di profughi del Darfur, a cui la politica nazionale teneva
le porte aperte, e possiamo capire perché il Dabar, alla fine, si trovasse
nella condizione di dovere invocare aiuto per sopportare una condizione che lo
avrebbe portato presto al collasso. La corruzione, finanziata dall’occidente
avido di diamanti e petrolio, si era infiltrata nel regime. Il regime
giustificava il nuovo schiavismo di fronte al mondo con la necessità di doversi
pagare le spese per i profughi. I profughi erano chiusi in veri e propri ghetti
e vedevano le briciole porte di malavoglia. L’integralismo religioso cominciava
a fare proseliti fra i disperati. La popolazione stessa era affamata,
irrequieta. Gli Stati Uniti avevano già proposto più volte di spedire delle
forze per favorire una ‘transizione morbida’ verso un regime democratico ed
arrestare l’infiltrazione dei terroristi. Naturalmente, il candidato da loro
appoggiato per questo ‘cambiamento’ era un affiliato del corrente regime, un
volenteroso fantoccio che avrebbe dato pieno accesso alle ricchezze del Dabar
in cambio di protezione e di una buona percentuale.
Il quadro era desolante, nella
sua normalità.
“E noi possiamo cambiarlo, signori.”
Lo schermo si spense. L’uomo
di nome Alexander Iulius Thran,
Presidente e fondatore della Talon Corporation e dello Zilnawa, si alzò in
piedi, tenendo le mani poggiate sul tavolo. “Gli Stati Uniti pensano di avere
vinto questa corsa, si sbagliano. Prego, osservate.” Accanto a Thran apparve
una donna, o meglio il suo ologramma: una donna molto bella, alta, dai corti
capelli neri, gli occhi pure neri e profondi, il volto segnato da una cicatrice
sulla guancia sinistra ma ancora attraente, il corpo forte, ben delineato e
vestito da un’uniforme kaki. C’erano pochi dubbi che una figura così fosse
molto carismatica.
“Akua Kirabo, signori. L’unica e sola leader del Movimento di
Liberazione Popolare del Dabar, altrimenti noti come Leoni Neri. Le sue forze
operano nella clandestinità, con azioni di sabotaggio a danno delle
infrastrutture degli americani ed attacchi mirati ai convogli di armi degli
integralisti musulmani. Amata dal popolo, odiata dai leader. Ad eccezione del
sottoscritto.
“Miss Kirabo ha fatto quello
che poteva, fino ad ora, ma le sue risorse sono limitate, così come i suoi
uomini. Ed è qui che lo Zilnawa interverrà. Il mio governo, in un comunicato
ufficiale, ha già disconosciuto il governo di Gazini Gebhuza in quanto affiliato al terrorismo islamico, e
appoggia ufficialmente l’MLP. Il prossimo passo sarà l’invio delle nostre forze
speciali per rimuovere i terroristi. Gli Stati Uniti, in quanto impegnati
ufficialmente anch’essi contro la minaccia dei fanatici ed avendo loro stessi
deciso di sostenere un cambio di regime, non potranno obiettare.
“Voi, signori, aiuterete Akua Kirabo
a vincere e a smascherare i complotti del governo in carica. Dopo, saranno
tenute regolari elezioni. Una volta che lei sarà insediata come primo vero
presidente democratico del Dabar, toccherà a me fornire a quella nazione la
tecnologia e le risorse necessarie per trasformare da cima a fondo quella
nazione.
“Purtroppo, l’esperimento
dello Zilnawa non ha impressionato il grande pubblico come avevo previsto: la
gente percepisce il mio paese come l’ennesimo parco giochi privato, alla
stregua di Latveria o del Wakanda. Essendo stato costruito su un terreno
semideserto, in segreto, non ha dato l’impressione di quello che può fare una
saggia applicazione delle migliori tecnologie alla qualità della vita delle
popolazioni bisognose. Il Dabar sarà il vero esperimento. Con l’aiuto di miss
Kirabo, lo trasformeremo in uno stato prospero senza alcun bisogno di attingere
al petrolio o ai suoi insanguinati diamanti. La prossima rivoluzione
industriale partirà da lì. Mi auguro che siate pronti, miei Campioni.”
Il magnate tecnocrate non
trovò dubbi negli occhi delle persone sedute al tavolo:
Ø Capitan Ultra
(Griffin Gogol)
Ø Equinox,
l’Uomo Termodinamico (Terrance Sorenson),
il padrone del fuoco e del gelo
Ø Hrimhari, il principe-lupo guerriero delle foreste incantate
di Asgard.
Ø Psychlone
(Dave Martin), telepate e telecineta
mutante
Ø Sundown (David Patrick Lowell), l’uomo
fotogenetico
Ø Spirale
(Eleanor Rigby), guerriera e strega.
Ø Robert
Takiguchi, il giovane pilota del
Gaking, il super-robot tattico delle Forze Speciali di Difesa Nazionale
“Se noi appoggiamo questa
donna, come reagiranno gli Stati Uniti?” chiese Cap, sollevando la mano. Si
sentiva, e c’era da scommettere che non era il solo, come uno scolaretto di
fronte a quell’individuo. “Insomma, la nostra campagna sarà in aperto contrasto
con quella dell’altro candidato…comesichiama?”
“Kgosi Boipelo,” Thran annuì. “E, sì, gli USA non saranno contenti,
e dovrò lavorare molto all’ONU per convincere il Consiglio di Sicurezza che non
sto commettendo un grave errore, ma alla fine non mi aspetto di incontrare
molta resistenza, salvo per un po’ di propaganda mediatica.” Sorrise, e mostrò
quella sua espressione da predatore per la quale, alle sue spalle, ogni tanto
lo chiamavano ‘Renard’. “Essere un supporter di importanti programmi
tecnologici dei maggiori paesi industrializzati ha i suoi vantaggi, Capitano.
Inoltre, l’amministrazione Obama non desidererà certo impegnarsi in una nuova
guerra, non con dei super-esseri coinvolti apertamente.”
Terrance, le braccia
incrociate al petto, fece quasi uno sberleffo. “E lei si aspetta che al nostro
arrivo loro ci srotolino il tappeto rosso e poi si mettano a pancia all’aria?”
“Al contrario, Equinox. Sono
convinto che in un modo o nell’altro faranno il possibile per ostacolarvi, a
costo di eliminarvi fisicamente. Solamente, lo faranno con azioni sotto
copertura, in modo da non potere risalire a loro.”
“Sento odor di Stato,” disse Psychlone.
“Sarebbe
nel loro stile. Per ora, signori, desidero che a prescindere dalle strategie di
campo che adotterete, una priorità vi sia chiara: difendere Akua Kirabo. Lei e
la sua famiglia sono la vostra priorità. Altre domande?”
La
pose Psychlone. “Credevo che ci avrebbe prima inviato ad Haiti, o in Cile.
Siamo pur sempre stati in prima linea, con il disastro di Phoenix…”
Thran
annuì. “Mi sono accordato con
Circa un’ora dopo, le acque di
fronte ad Argos Bay eruttarono con il decollo del titanico Drago Spaziale, quartier generale mobile delle NSDF.
Dei Campioni, il solo che in
quel momento stesse usando la sala di addestramento era Spirale. Teoricamente,
ogni programma della sala avrebbe dovuto essere stato imputato manualmente dai
tecnici preposti, un modo per garantire il giusto grado di difficoltà
specifico.
Spirale era stata addestrata
da Mojo in persona per superare i suoi limiti.
“Una settimana,” disse
Psychlone.
“Neanche un giorno,” lo
contraddisse Hrimhari, in piedi accanto a lui, entrambi dietro il muro di
cristallo di sicurezza. Per quanto potenti potessero essere certi dispositivi,
nessuno avrebbe potuto distruggere quella struttura.
Dave scosse la testa. “La
prima volta che sono stato in una SdA, ne sono uscito con più lividi che
capelli. E il programma era a livello 3. Quella matta l’ha messa su al
Spirale non li poteva sentire,
ma poteva leggere le loro labbra. Sorrise, mentre evitava una raffica di
plasma.
Per lei, il mondo non era che
un concatenarsi di eventi secondo uno schema estremamente preciso. Il caos non
era parte del suo pensiero e della sua percezione. Gli attacchi delle macchine,
che fossero sciami di droni sferici, lame affilatissime, o botole che aprendosi
rivelavano ogni volta una nuova trappola, seguivano un loro schema, era solo
questione non di evitarli, bensì di sfruttare al meglio lo spazio intorno ad
essi.
E Spirale lo faceva. Era
intoccabile come uno spettro. E appena una nuova minaccia veniva superata, un
colpo delle sue katana o una magia applicata in modo chirurgico eliminava la
successiva. Il suo percorso era una scia di distruzione.
Il traguardo era un pulsante
rosso situato al centro della stanza. E un campo di energie bioelettriche lo
circondava.
Spirale, semplicemente,
camminò verso il pulsante. La rete energetica la colpì e passò attraverso il
suo corpo senza farle alcun male. Premette il pulsante. Fine del gioco, durata
sessione: 05 minuti 00 secondi. Solo perché se l’era presa comoda.
“Non ci cavolo credo,” fece
Psychlone. “Quel…quel campo maledetto funziona su almeno tre piani
dimensionali, non si può semplicemente passarlo e…”
“Dovresti
accettare semplicemente il fatto che il concetto di ‘sesso debole’ è
sopravvalutato,” disse lei uscendo dalla stanza. “E io sono nata per essere la migliore. Allora,
volevate solo vedere come me la cavo o volevate fare qual cosina a tre?”
Solleticò la gola del lupo.
“A
dire il vero,” fece Dave, “Volevamo solo scambiare quattro chiacchiere. Su di
te. Insomma, non è che si sappia più di tanto sul perché una come te abbia
deciso di lavorare con noi. Thran garantisce, ma…”
“Per
‘una come me’ intendi una supercriminale?”
“Sì.
Cioè no! Vogliamo…voglio dire, che so che sei un clone dell’originale, ma sono
i suoi ricordi ed i suoi pensieri quelli che porti in testa. E tu, stando ai
file, non hai combattuto contro gli X-Men
tanto per divertirti. Insomma… come mai noi?
Cosa ti ha spinto a ribellarti? Non riesco ad immaginare uno come Mojo che non
ti programmi per essere fedele, per così dire.”
Lei
si sedette, si tolse il casco, rivelando la folta chioma bianca. “Non lo
conosci abbastanza. Per quel palcoscenico che per lui è la vita, quella ‘parte’
ribelle di me è quella che lo stuzzica di più. Gli piace l’idea di educarmi, come un animale. L’unica
misura prudenziale che si è concesso è stata quella di assicurarsi che non
potessi godere della mia libertà per sempre.” Ai loro sguardi perplessi,
rispose. “Pensavo di tenerlo segreto, all’inizio, ma che diavolo: meglio che si
sappia per bocca mia, invece di aspettare la ‘grande rivelazione’ magari
strombazzata proprio da lui.
“Sto
morendo. Il mio DNA artificiale è degenere, e tra poco tempo, anche se non so
quanto, sarò un cadavere avvizzito. E prima avrò attraversato una sgradevole
quanto veloce vecchiaia. Thran mi ha chiesto se volessi farmi clonare
nuovamente per prevenire la morte, ma no grazie. Posso essere una copia, ma
sono sempre me stessa, unica: non intendo diventare una fotocopia a mia volta,
e non mi importa di quante volte Mojo mi riprodurrà. Non avrà me.
“Quanto
alla mia scelta di unirmi ai Campioni, be’… Che diavolo, posso chiamarmi
Eleanor Rigby fuori da questo costume –sì, sono una fan dei Beatles, spero non
sia un problema- ma sono ancora Rita Wayward, sono nata sulla Terra, e so che
avrei sempre voluto fare qualcosa di più per l’Africa che versare un contributo
deducibile dalle tasse. Altre domande? Perché vorrei tornare ad addestrarmi.”
Si rimise il casco e tornò nella stanza speciale, lasciandosi dietro una coppia
ammutolita e molto ammirata.
Istituto Xavier per Giovani
Dotati, Westchester County
“Allora, come sta la mia
principessa preferita oggi?”
Janet Sorenson rispose con un
ampio sorriso al volto del padre sullo schermo, ma durò poco. “Sto bene. Qui
però ci sono tanti bambini…strani. E le lezioni sono così noiose!”
“Janet, ne avevamo parlato,
ricordi?”
“…Sì.”
“Gli studenti di Xavier non
sono ‘strani’, sono mutanti come te,
ognuno con un potere speciale e diverso. Tu hai bisogno di studiare e anche di
apprendere l’uso dei tuoi poteri nel giusto ambiente. Sei una bambina grande,
lo sai.”
“Mi manchi tu.”
“Anche tu mi manchi
tantissimo, ma è più importante che tu viva una vita normale mentre io sono via
per lavoro.”
Janet tirò su col naso.
“Verrai a trovarmi presto?”
In
risposta, la mano sinistra di Terrance si accese di plasma infuocato. Dalle
dita fu generata una statuina di puro ghiaccio di un cavaliere in armatura su
un cavallo rampante. “Assolutamente sì. Parola di Cuordileone. Mandami pure una
lettera quando vuoi. Ora devo andare.”
Terrance credeva ad ogni
parola di quello che aveva appena detto. Non importava se ci fossero periodi di
tranquillità più o meno lunghi fra una missione e l’altra: bastava un solo
problema a mettere in pericolo sua figlia. Neppure lo Zilnawa era un posto
sicuro, non dopo il caso di infestazione di Ultronia
Pestis, che aveva richiesto l’erezione di una barriera impenetrabile… E
poi, che razza di famiglia poteva essere un gruppo di adulti come il loro
sempre impegnati in missioni ad alto rischio? Se gli fosse successo qualcosa,
poi, era meglio che Janet si trovasse in un ambiente sicuro, dove avrebbe avuto
accanto qualcuno che poteva aiutarla più concretamente di un magnate disposto
al massimo a dare dei gran soldi… OK, forse quella non era proprio una cosa
sbagliata…
Terry Sorenson, hai bisogno di piantarla con queste elucubrazioni! Sissignore, aveva decisamente bisogno di farsi una
birra insieme a qualcuno che potesse distrarlo, o avrebbe finito col dare fuori
di matto. E sapeva a chi rivolgersi.
“Avanti” disse David P.
Lowell, senza distrarsi dall’esperimento in corso.
“Hai mai sentito parlare di
relax? Fra neanche mezz’ora saremo sull’obiettivo, dovremmo pensare a qualcosa
di diverso dal lavoro.”
“Lo sto facendo,” rispose lo
scienziato. “Il mio lavoro di Campione mi prende fin troppo tempo dai miei
esperimenti con
“A parte che nessuno come te
conosce il modo di creare superpiante che ottimizzino al massimo la
combinazione di energia solare e minerali del suolo quale esso sia, non credi
che un’equipe scientifica dello Zilnawa possa terminare il tuo lavoro e
garantire a te la gloria del progetto? I laboratori delle multinazionali
servono anche a questo, e lo sa Dio che i miei genitori avrebbero avuto bisogno
delle infrastrutture che ti offre
David sospirò, mentre
continuava a prendere appunti su una lavagnetta elettronica. “Vecchie
abitudini, Terry: l’ultima volta che mi sono totalmente affidato ad una
multinazionale, è successo un casino e sono finito in prigione. Prima di dare
tutto ai dipendenti di Thran, voglio avere ogni singolo aspetto del mio
esperimento bene annotato e registrato.
Il robusto uomo di colore levò
gli occhi al cielo. “Credimi, farsi una famiglia è più costruttivo.”
“Una famiglia vale per la
trasmissione dei tuoi geni e, se sei fortunato, del tuoi valori. Il mio lavoro
permetterà alle prossime generazioni di mangiare cibo fresco e nutriente sulla
SSI, sulla Luna e su Marte ottenuto a basso costo. Fra duecento anni, il mio
nome sarà nei libri di storia come quello dell’uomo che ha permesso un passo
fondamentale nella colonizzazione planetaria. I supereroi al massimo
occuperanno quello delle pagine dei racconti, e magari non si saprà neppure chi
c’era sotto le loro maschere...” Ma a quel punto stava già parlando da solo.
Terrance scosse la testa
mentre camminava per il corridoio. Magari una passeggiata sul ponte panoramico
lo avrebbe distratto…
Ebbe appena aperto la porta,
che si trovò davanti il curioso spettacolo di un uomo e di una specie di
licantropo grosso quasi il doppio che si baciavano con trasporto.
Immediatamente Terrance indietreggiò, prima che si accorgessero della sua
presenza.
Ecco un’altra ragione per tenere Janet lontana da qui! Rifletté. Va bene essere aperti mentalmente, va bene
che Dave e Hrimhari erano due adulti consenzienti, ma gli sarebbe stato
difficile parlare a sua figlia della natura di quel curioso rapporto. E a me fa già venire il mal di testa…
“E’ uscito?” chiese Dave,
stretto nell’abbraccio mentre fissava il
panorama sottostante.
“E’ uscito,” rispose Hrimhari.
Psychlone sospirò. “Non so
come fare, con mio padre. Una parte di me vorrebbe andare a trovarlo,
dall’altra ho paura che se appena lo vedo in sala colloqui, in prigione, mi
metterò a ridere di gusto alla faccia sua. Sembra che proprio io non riesca a
trovare un equilibrio fra due estremi.”
L’asgardiano strofinò il muso
contro la sua guancia. “Non è vero, o non saresti stato capace di salvarmi da
Hela, ne’ di trovare il tuo pieno equilibrio. Senti, non pensare a come
potresti o non potresti reagire. Se desideri vedere come sta, essergli di
conforto, allora fallo. Sei suoi figlio, e nessun peccato commesso da tuo padre
dovrebbe tenervi separati per sempre. Se tu sarai capace di perdonarlo, avrai
comunque dimostrato di essergli superiore in statura. Così come nostro padre
Odino ha sempre nutrito affetto per un essere infingardo come Loki, al punto da
punire con estrema severità il suo favorito, il sire Thor, per avere una volta
ucciso il suo fratellastro.”
“Wow. Tu si che sai fare
sembrare ridicoli i miei problemi, eh?” il giovane eroe lo disse scherzando, ma
l’occhiata severa del lupo lo mise a tacere.
“Non esistono problemi
‘ridicoli’. E’ ridicolo colui che non sa affrontarli in modo adeguato. E io so che tu sei all’altezza delle tue
responsabilità, come dimostra l’avermi accettato come tuo compagno di vita. E io
sarò con te in questa tua prova, e male incolga il sire tuo se osasse levare la
sua mano contro di te.”
Scambiare quattro chiacchiere
con Takiguchi? Perché no, in fondo una cosa con quel moccioso in comune
l’aveva, ed era la passione per i videogiochi. Una partitina veloce faceva
ancora in tempo a*
In quel momento, suonò
l’allarme! Istintivamente, Terrance lasciò il posto ad una figura parzialmente
congelata e parzialmente fiammeggiante, i denti subito divenuti aguzzi. La mia fortuna! Chissà come se capita anche
all’Uomo Ragno!
“Attacco
nemico. Procedura di atterraggio anticipata. Il personale combattente raggiunga
i propri posti immediatamente…” A quel
punto, Equinox era già entrato in un ascensore.
La porta si aprì, e si ritrovò
sul ponte di comando, secondo solo dopo Capitan Ultra. Gli altri arrivarono in
pochi secondi.. “Chi diavolo ci sta attaccando?!”
“Un attacco dal suolo,”
rispose, impassibile, Victor Asabi Stone,
il Comandante del Drago Spaziale. “Signor Mori?”
Takashi Mori, coordinatore
armamenti del Drago, rispose prontamente. “Missili SA-8B, rampe di lancio
mobili Romb, Comandante. Tanto varrebbe usare petardi.”
In effetti, era una scena
spettacolare: il Drago Spaziale, mentre scendeva progressivamente di quota
nell’avvicinarsi al suo obiettivo, era circondato da salve di fiori infuocati
che sbocciavano innocui sulla superficie della corazza o intorno ad essa.
“Rispondiamo al fuoco?” chiese il giapponese.
“Senza alcun dubbio. Proceda a
sua discrezione.”
Le mani dell’operatore
volarono sulla tastiera touchscreen. Uno schermo inquadrava le sagome dei
cinque veicoli blindati ‘Gecko’, invano mimetizzati nella fitta vegetazione. “Fireclusters lanciati.”
Due pannelli si aprirono sullo
stomaco del Drago, rivelando due singole bocche da fuoco. Al comando di
Takashi, le bocche vomitarono ognuna una sorta di sfera luminosa pulsante.
Le sfere scesero per circa
cento metri, prima di esplodere e scindersi in dozzine di scie luminose,
dirette a grappoli letali contro i loro bersagli. Le esplosioni infuocarono
brevemente la giungla.
Il piccolo sole si spense e fu
sostituito da un’esplosione tremenda si sviluppò lungo la fiancata del Drago
Spaziale. Se anche la struttura esterna, rivestita di adamantio secondario,
resse a quell’attacco, fu comunque sufficiente a mandarlo fuori rotta.
“Abbiamo temporaneamente perso
gli stabilizzatori e il controllo motori!” disse Hugh Howards, il primo pilota.
“Possiamo solo tentare un atterraggio di emergenza con i sistemi secondari!”
Non attese neppure una conferma dal Comandante: in quel momento, erano solo le
sue decisioni a decidere per l’incolumità dell’equipaggio… E di chiunque avesse
avuto la sfortuna di trovarsi sul percorso di un oggetto di 38.000 tonnellate
lanciato a più di
L’unica cosa che assomigliasse
ad una pista di atterraggio era il fiume sottostante. Hugh riuscì a manovrare
in modo che all’ultimo momento il Drago Spaziale atterrasse di pancia, anche se
incapace di ridurre la velocità. Le zampe cingolate scavarono un profondo solco
nel letto del fiume, mentre la superficie veniva tagliata in due enormi onde…
“Siamo fermi,” disse
finalmente Hugh, anche se ancora non osava staccare le mani dalla cloche.
“Porca miseria. Col suo permesso, Signore.”
“Concesso,” disse Stone,
mentre sulla console della sua poltrona apparvero in sequenza i rapporti sullo
stato delle varie sezioni. “I danni sono stati minimi, anche se avrei preferito
un battesimo del fuoco meno aggressivo. Ipotesi su ciò che ci ha colpito,
signori?”
“Un colpo di luce solida, Comandante,” rispose Milena
Grossmonde, responsabile degli apparati sensoriali. “Non avevamo modo di
evitarlo. Non ho avuto modo di rintracciarne la fonte o la posizione di fuoco.
Mi dispiace.”
“La cosa potrebbe diventare
irrilevante, se non localizziamo la fonte. Capitano..?”
“Lo consideri fatto, signore!”
Ultra prese il volo e scomparve attraverso il soffitto.
Uscì dalla fortezza, e si
portò ad una quota sufficiente, almeno secondo quanto ne sapeva, perché, con la
sua ultra-vista potesse*
Non ebbe finito di terminare
il pensiero, che un nuovo colpo di luce solida lo investì come una valanga! E
seppure Capitan Ultra fosse invulnerabile, non era indistruttibile. E quel
colpo lo stordì completamente. Il suo corpo inerte cadde contro la fiancata del
Drago Spaziale. Rimbalzò e cadde in acqua.
“Lo recupero io!” Equinox non
attese che gli venisse dato il permesso. Doveva la buccia a Cap, e perdio non
lo avrebbe lasciato nei casini! “Apritemi un portello sotto la superficie. Ci
metterò un attimo!”
Appena l’ascensore in cui era
entrato si fu chiuso, Robert chiese, “E ora che facciamo?”
“Ci mettiamo al sicuro: se il
nemico ha deciso di darci una tregua, non sprecheremo questo favore. Appena
Capitan Ultra sarà stato recuperato, signor Howards, proceda con la manovra avvolgente.”
Capitan Ultra era ancora
incosciente, mentre il suo corpo fluttuava nell’acqua, solo il corpo della
fortezza ad impedirgli di venire trasportato via dalla corrente.
All’improvviso, l’acqua su cui
giaceva si trasformò in una piattaforma di puro ghiaccio, e quindi in una
colonna che salì rapidamente lungo i fianchi del Drago, fino all’altezza
dell’ala.
Equinox afferrò l’inerte eroe.
“Dovresti metterti a dieta, temo, amico mio. Cristo, devi averne presa una
brutta. Ehi, mi senti?” accese un dito in prossimità del volto e con esso
sfiorò la pelle.
“*Unnh* cribbio, che mal di
testa. Cosa mi ha colpito?”
“Luce solida.” Equinox lo
aiutò a mettersi in piedi. “Coraggio, torniamo dentro prima che decidano di
farci di nuovo la bua. Sei riuscito per caso a vedere da dove veniva quel
colpo?”
“Spiritoso.”
“Sono dentro, Comandante,”
riferì Milena, poi si corrucciò. “Rettifico. Solo Capitan Ultra è dentro.”
“Cosa?” Stone aprì un canale.
“Equinox, perché è rimasto fuori? Fra poco…”
“Se me lo permette, signore,
ho un’idea: sono il solo a potere confondere la mia traccia termica con
l’ambiente circostante, E qualcuno deve contrattare l’MLP. Qualcuno che si
possa confondere anche con la popolazione locale. Non possiamo esordire in
questa missione facendo la figura dei conigli, o la reputazione di Akua Kirabo
per avere accettato la nostra collaborazione potrebbe crollare di fronte ai
suoi uomini.”
Stone si concesse un breve
sorriso: quindi, Thran aveva voluto riservare quella piccola sorpresa ai suoi
supereroi preferiti… “Sta bene, Equinox: segua il fiume Keto in direzione di
Dabar, e giunto a destinazione si diriga verso il Rivers Hotel, è un luogo di
contatto. E ricordi di usare il polarizzatore del costume per riconfigurarlo in
un abito locale. Ora scenda da lì, noi procederemo a nasconderci usando la
manovra avvolgente.”
“Ricevuto. E, grazie,
Comandante.” Equinox proiettò una lastra di ghiaccio fino al fiume e scivolò al
sicuro.
Gli occhi del Drago Spaziale
si illuminarono e la bestia meccanica ruggì. Un attimo dopo, le acque del fiume
ribollirono mentre i propulsori sollevavano la sua stazza verso il cielo.
“Quota 800. Avvio manovra
avvolgente.” Hugh impostò i comandi.
L’intero corpo della fortezza
iniziò a piegarsi, e lo fece fino a quando la coda non andò a collocarsi contro
il muso. Le zampe cingolate si piegarono completamente fino a diventare una
sola cosa con quella gigantesca ‘ruota’.
In questa configurazione, il
Drago Spaziale iniziò a ruotare, sempre più velocemente, fino a quando non si
gettò verso il suolo.
Equinox
fu sbalzato in acqua, colto di sorpresa dalla potenza dell’impatto. Dalla sua
posizione, vide la titanica sagoma affondare sempre più nel terreno liberando
getti di terra e vegetazione e roccia. Mi
sa che l’ente turismo del Dabar ce la fa pagare cara. Ma non era il momento
di perdere altro tempo. Se il nemico li stava osservando, doveva farsi una
bella bile. Ora toccava a lui.
Palazzo presidenziale del
Dabar
O meglio, nei suoi
sotterranei, dove un uomo in divisa militare nera, decorata da un basco
sanguigno, stava decidendo come fare rotolare qualche testa. “Sono riusciti
persino a scappare? Marchese, credevo
che il suo capolavoro mi avrebbe liberato da quei grandissimi…” seguì una
sfilza di imprecazioni irripetibili. L’uomo dai corti capelli biondi fissò uno
sguardo di fuoco sul suo sfortunato interlocutore, mentre le sue mani facevano
scricchiolare pericolosamente un frustino di nero cuoio.
Nikolas Janus, il capo
scienziato della divisione armi dello Stato, non si fece impressionare da
quello sfogo. “Come avevo detto in precedenza, Comandante, il cannone fotonico è ancora nella fase
sperimentale…”
“Mi aveva detto che era
praticamente terminato!”
“Nossignore, ho detto che
questo prototipo era praticamente
terminato. E, come avevo detto, risponde a tutti i requisiti richiesti… Ma ha
bisogno di tempo per ricaricarsi, dopo avere sparato due colpi consecutivi.
Inoltre, un terzo attacco a breve distanza potrebbe attirare l’attenzione dei
satelliti dello Zilnawa. E’ sicuro di volerlo, Comandante?”
Robert William Da Rosetta
esalò un lungo sospiro frustrato. “Può migliorare le prestazioni del cannone?”
“Teoricamente, il cannone
opera già al massimo potenziale. Non
avevamo previsto che il Drago Spaziale avesse un rivestimento di adamantio...
Per quanto sia certo che si tratti del tipo secondario, ritengo impossibile che
siano riusciti a realizzarlo in primario, persino per un uomo ricco come
Thran…”
“Le elucubrazioni a dopo,
Marchese. Se non possiamo distruggere quella maledetta fortezza, schiacceremo
chi gli sta intorno!” Si voltò per rivolgersi ad un operatore. “Equinox aveva
lasciato la fortezza, dov’è?”
“Ah, Comandante, non riusciamo
a localizzarlo: si deve immerso nel fiume, ma non rileviamo tracce termi*” un
colpo di pistola pose fine alle sue parole e ad ogni altra sua preoccupazione
terrena.
Da
Rosetta ripose la pistola. “Il prossimo turnover ci sarà fra ventiquattro ore,
a meno che non vi diate seriamente da
fare. Avvertite i nostri agenti a Dabar, sono sicuro che si starà dirigendo lì.
E pulite questo casino.”
Un simile pensiero
attraversava la mente di Equinox, mentre si scavava la strada ben al di sotto
della superficie del fiume. Fin dalla battaglia con Satranius, era diventato
più confidente con i propri poteri, aveva imparato a superare i suoi limiti. Ai
tempi contro cui se la faceva contro l’Uomo Ragno, non sarebbe riuscito a
giocare alla talpa umana…
Ma era un’altra cosa di cui si
doveva preoccupare, appunto: non aveva un’identità segreta, e lo Stato, e c’era
da giurare che fossero loro dietro a quell’attacco, sapeva praticamente tutto
su di lui. Una volta in città, avrebbe dovuto muoversi velocemente o li avrebbe
portati dritti fra le braccia dell’MLP…
“Sei giunto a destinazione,”
disse la voce di Stone, direttamente nella sua mente, attraverso il
comunicatore impiantato nel cranio. “Ti trovi adesso all’interno della città.
Devia di 30° a sinistra a procedi fino a quando non ti dirò di emergere. Ti
troverai all’interno del condotto in disuso di una miniera di diamanti. Il
Rivers Hotel si trova in linea retta a trecento metri dall’uscita del condotto.
Da questo momento, manterremo il silenzio radio. Stone, chiudo.”
La miniera era sorta venti
anni prima, in quella che allora era ancora una zona abitata da un pugno di
famiglie. L’edilizia a basso costo, usata senza scrupolo per sistemare i
necessari minatori, aveva trasformato quella zona nella degradata periferia
della capitale di oggi.
L’ingresso alla miniera si
trovava alla base di un vecchio edificio governativo in disuso. Salvo qualche
occhiata incuriosita, nessuno fece caso a lui mentre usciva per poi immergersi
nella folla. Neanche sua madre lo avrebbe riconosciuto: indossava un lungo
caffettano verde, in testa portava un berretto dello stesso colore, che a
stento copriva una folta chioma nera ricciuta, e una corta barba decorava il
suo volto. Rimaneva una persona visibilmente robusta sopra la media, ma almeno
si sarebbe confuso con la popolazione locale abbastanza a lungo per
rintracciare il suo contatto… O meglio, per essere contattato. Il che poneva
un’interessante domanda: se lui non sapeva con chi diavolo parlare, visto che
Stone non gli aveva fatto nomi, e visto
che era travestito a dovere, e sicuramente il capo dell’MLP non si sarebbe
mostrata di persona in un luogo pubblico, come
diavolo avrebbe fatto a mettersi in contatto?
“Una cosa per volta, giovane,”
sussurrò a sé stesso. Stone aveva sicuramente considerato questa contingenza,
doveva fidarsi.. Eppure, l’unica persona in cui avrebbe riposto tutto sé stesso
era morta da tempo. Dio, se gli mancava sua madre! Chissà come sarebbe stata la
loro vita, se la sua famiglia fosse andata a vivere nello Zilnawa, invece di
finire in uno squallido appartamento, dove suo padre avrebbe finito con il
creare il suo capolavoro per la produzione di energia in condizioni di totale
assenza di sicurezza…
Gesù, ma sono tutti stati arruolati, qui? Scuotendosi dai
vecchi ricordi, Terrance si accorse che, effettivamente, ovunque voltasse lo
sguardo, due maschi su tre indossavano una divisa, e uno su due era armato.
Colore della pelle a parte, sembrava di trovarsi ad un raduno di milizie
texane. Cristo, c’erano dei ragazzini
vestiti da piccoli GI Joe! Terrance sapeva benissimo di questa piega, ma
vederla con i propri occhi, vedere queste creature imitare gli adulti nella più
sanguinaria delle loro attività…
Ad un certo punto, un
bambino-soldato incrociò lo sguardo di Terrance. I suoi occhi avevano perso
ogni traccia di innocenza. Era un adulto nel corpo sbagliato, e l’eroe era
sicuro che se gli avesse rivolto la parola, si sarebbe trovato con la gola
tagliata. Si sentì gelare.
Thran aveva detto loro che la
situazione sociale era degenerata a causa dei massicci flussi migratori, del
crescente squilibrio fra i ricchi politici e la popolazione, dei conflitti
intestini… E lui vorrebbe cancellare
questa follia con un po’ di hi-tech? Ci sarebbero voluti anni solo per rimettere
insieme i cocci di quella generazione perduta. e anche riaggiustando il PIL,
cosa avrebbe impedito ai futuri governi di comportarsi da bastardi? La storia
recente ne aveva da insegnare, in merito: il Sudafrica, una nazione che aveva
vissuto per secoli l’oppressione razziale, una nazione che era riuscita a
liberarsi sotto la bandiera della fratellanza di quegli oppressi, era diventata
ostile ai flussi migratori e ben poco aveva fatto per le atroci bidonville in
cui tanti migranti vivevano…
Thran, cosa hai in mente di fare? Terrance di sicuro non si sarebbe abbassato ad appoggiare alcuna
misura repressiva come un superfascista…
Si trovò il Rivers Hotel
praticamente davanti al naso. L’albergo sorgeva davanti al molo; prima di
diventare ritrovo per turisti in cerca di avventure forti, era stata la villa
di una famiglia di contrabbandieri. Si diceva che gli affiliati di quella
famiglia fossero ancora in affari, e che i loro clienti fossero perlopiù
tutt’altro che semplici turisti… Ad ogni modo, le autorità tenevano gli occhi
chiusi, fino a quando potevano permettersi una fetta dei profitti del Rivers.
Equinox non lo sapeva, che era per questo che l’albergo era il punto di
contatto. Qui l’attenzione della polizia era minima se non nulla; l’importante
era evitare di attirarla…
Terrance superò la porta
girevole e si trovò nel salone. Niente da dire, era come entrare in un’oasi di
lusso in mezzo a quella miseria. L’uomo si sentì quasi stordito.
“Posso aiutarla, signore?” a
parlare era stato un valletto, un bianco. Ai proprietari piaceva giocare con
l’ironia.
Terrance annuì. Pensainfrettadannazione! “Sì. Ah, il
bar, dove resta?”
L’uomo fece un inchino e
indicò con un braccio una porta. “Di qua. Mi segua.” E mentre procedevano, l’uomo
chiese, “Desidera prenotare una stanza per la notte?”
“Uh, no. Sono tornato a casa
dopo dieci anni a studiare negli Stati Uniti. Ho solo voglia di trattarmi bene.
Anzi, può farmi un favore?”
L’uomo gli aprì la porta
(maniglie d’oro). “Ma certo, signore.”
“Che drink può consigliarmi?”
Dieci minuti dopo, se ne stava
seduto da solo ad un tavolo, mentre un pianoforte suonava Bach. Aveva già
ingerito quattro ‘Kelvin’. Qualunque cosa fossero, avrebbe dovuto fare i
complimenti al barman, era come ingerire una miscela di ghiaccio e fuoco
liquidi. Fortunatamente, il suo corpo mutato era anche immune all’alcool.
Avrebbe potuto fare una fortuna, con le gare di bevute…
“Un uomo che beve da solo in un posto come questo è
un’offesa a cui bisogna rimediare,” disse una voce femminile alle sue spalle.
Voltandosi, Terrance pensò per un momento che forse quella Kirabo avesse deciso
di mostrarsi personalmente…
Ma non era lei: era una donna
caucasica, capelli rossi corti, con indosso un abito lungo bianco decisamente
provocante, e profumo di lusso. “Sei stato un bambino cattivo, Térase.”
“Uh, prego?”
“Il nostro appuntamento. Fare
l’americano ti ha già trasformato in uno snob?”
Gli occhi di Terrance si
illuminarono di comprensione. “Ah, sì. Certo.” Si alzò in piedi e fece un breve
inchino, come si faceva da quelle parti. “Scusami, è che…”
“Non mi fai neppure sedere?
*Tch* che deve fare una donna per trovare un cavaliere oggigiorno?”
Terrance scostò una sedia. Lei
si sedette con la grazia di un felino. “Oh, e il mio volto si trova sulla parte
anteriore del cranio, non del torso.” Gli lanciò un sorriso pericoloso. “Serve
per parlare, sai?”
Sentendosi avvampare, lui si
sedette. Si schiarì la gola. “Ti aspettavo da un’eternità, lo sai?” Disinvolto, giovane, disinvolto! “Spero
che tu abbia un po’ di tempo libero per guesto bovero negreddo amerigano.” Se fa parte della guerriglia, mando al
diavolo lo Zilnawa e mi arruolo.
Lei ridacchiò. “Abbiamo tutta
la giornata, tesoro, come ti avevo promesso. E la serata, se ti va.” Con fare
sexy, Gli sfiorò il dorso della mano con un’unghia. Per poco lui non si accese
tutto.
“Uh, io…credo che prima
dovremmo parlarne con tua madre. Giusto?”
“Ooh, allora sei ancora un gentiluomo. Non facciamola
aspettare, se tanto ci tieni.” Si alzò. “Su, che ci fai lì imbambolato?”
“Non credevi che saremmo
andati per strada, per giunta con me acconciata così, vero?” disse lei, uscendo
dall’ascensore direttamente sul garage. “Qui le coppie miste sono equiparate
alla bestialità. Anche solo lo scambio di saluti fra un bianco ed un nero è
roba da arresto, se a un poliziotto la tira male.”
“Credevo che l’apartheid fosse
roba del passato.”
“Oh, non fraintendere.” Si
avvicinarono ad un furgone verde oliva, con i vetri oscurati. Lei aprì le porte
col telecomando. “Secoli di stretto isolamento, uniti alla storia stessa di
questa nazione, hanno prodotto una cultura di orgoglio e diffidenza. Se un
bianco vuole lavorare qui, può aspirare a quei posti che nell’occidente sono
riservati agli strati bassi della popolazione. I soli bianchi tollerati sono i
turisti, quelli ricchi. Da quando Gebhuza è al potere, sono arrivati anche i
bianchi con il potere di sfruttare la popolazione.” Entrarono. “Questo lo ha
reso decisamente inviso ai più, ma fin quando il bastardo può pagare le persone
che contano, la sola cosa che sopravvive della nostra cultura è questo razzismo
al contrario.” La donna avviò il motore. Diresse il furgone verso l’uscita.
“Non è stato pericoloso,
allora, avvicinarsi a me sotto gli occhi di tutti?”
“Nascondersi in bella vista,”
fu la risposta. “Il personale dell’albergo ha occhi anche dietro la fronte, e
tu sei un perfetto sconosciuto impacciato che ha scritto ‘sospetto’ su tutta la
faccia. Vedendo invece la bella scenetta che ho improvvisato, avranno pensato a
ben altro tipo di ‘appuntamento’.”
Terrance quasi divenne viola.
“Trovata intelligente,” riuscì a balbettare. “Immagino che questa sia la strada
per il vostro quartier generale?”
“Una specie. Non usiamo
infrastrutture fisse, siamo sempre in movimento. Un branco di leoni in perenne
caccia della sua prossima preda.”
Il furgone uscì dalla strada
principale, per immettersi in una stradina polverosa. Percorse altri dieci
chilometri in piena savana, prima di fermarsi davanti ad una foresta. Era come
se un muro di alberi fosse stato eretto in quella piana.
“Questi furgoni li usano o i
bracconieri per portare i loro clienti ad una battuta di caccia, o i ruffiani
per le coppie in cerca di un altro tipo di letto. Ad ogni modo, non dovremmo preoccuparci
che ci abbiano seguito.” La donna aprì la portiera. “Coraggio, ora di
incontrare big mama. Oh, e puoi ufficialmente cessare il travestimento: mama
vuole vedere di persona come sei tutto fuoco e fiamme.”
Terrance scese, e un attimo
dopo tornò ad essere Equinox. “Allora, dove…” restò sorpreso di vedere non più
la conturbante figura con cui aveva parlato fino ad un secondo prima, bensì
appena una ragazzina! Decisamente scura di pelle, avrà avuto non più di
quindici anni, era completamente priva di capelli, e un costume ocra le copriva
interamente il volto. Un numero in caratteri bianchi spiccava come un marchio
lungo entrambe le braccia: 111.
Non ebbe il tempo di chiederle
alcunché, perché un’altra voce femminile disse, “I Leoni Neri ti danno il benvenuto,
Equinox.”
Lui si voltò, e si trovò di
fronte una formazione di una dozzina di…donne. Tutte avevano lo stesso sguardo
duro, di guerriere, tutte brandivano chi una lancia, chi una sciabola, e tutte
recavano al braccio sinistro un lungo scudo metallico e indossavano una
sofisticata armatura leggera.
In testa alle guerriere, la
donna di nome Akua Kirabo. La donna si fece avanti e porse una mano metallica
all’Uomo Termodinamico. “Thran ci ha comunicato del vostro…problema. Siamo
felici che lei ce l’abbia fatta. Questo contatto è molto importante.”
Lo sguardo di lui andò da lei
alla ragazzina in costume. “Vedo che sembrate potervela cavare anche…senza di
me.”
“Fino ad un certo punto. Thran
è stato molto generoso nel donarci queste armi e i viveri ed i medicinali, ma è
toccato a noi sistemare le nostre collaboratrici all’interno delle posizioni
chiave. Siamo pronte per sferrare un colpo mortale al regime di Gebhuzi, ma
senza il vostro appoggio, ci ritroveremmo contro gli americani, e Boipelo non
farà che ripristinare lo status quo.”
“Siete tutte donne?” gli uscì di bocca senza neppure
pensarci. Ora sì che avrebbe voluto sprofondare!
Lei non ne sembrò offesa.
“Siamo tutte orfane delle nostre famiglie. Alcune di noi sono native del Dabar,
altre sono vedove di profughi, altre ancora vittime di stupri etnici… Alla
fine, abbiamo semplicemente deciso di smettere di essere le vittime della
storia. Guideremo la rivoluzione, e costruiremo una vera democrazia, dove
insieme ai diritti più elementari del popolo ci sarà quello nostro di non
essere soggiogate ad alcuna regola patriarcale.” Non era semplicemente un
discorso di propaganda. Ne era convinta, e lui era sicuro che non si sarebbe
fermata se non da morta… “Quindi, hai bisogno di noi per consolidare la tua
futura poltrona presidenziale?”
“Quello lo farà la ricchezza
che produrranno i mezzi donati da Thran.” Gli mise una mano sulla spalla. “Non
ti mentirò: una volta rovesciato il despota, la prossima fase sarà tenere a
bada gli americani, gestire i profughi, rimuovere se non eliminare i corrotti. Sarà una cosa sanguinosa. Voi Campioni
pensate di essere pronti? Puoi parlare per i tuoi compagni? Perché se fra di
voi ci sono simili perplessità da dovere abbandonare la lotta, è meglio saperlo
adesso, e i Leoni Neri proseguiranno da soli per la loro strada.”
Equinox pensò solo, E ora che le dico?